27 settembre 2016   |  

Se ci fosse lavoro in Italia i frontalieri non esisterebbero

Giusto tutelare la dignità degli italiani che lavorano all'estero, ma meglio sarebbe garantire a loro una dignitosa occupazione in patria.

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Per i sessantacinquemila frontalieri che prevalentemente da Como e Varese varcano quotidianamente il confine per andare a lavorare in Svizzera non sono ore serene. Il 58 per cento dei ticinesi, preoccupati del 3 per cento di disoccupati che hanno in casa, hanno chiaramente detto che prima dei lavoratori italiani vengono i loro. Naturalmente la nomenclatura politica italiana, a tutti i livelli e di tutte le tendenze, ha alzato la voce minacciando sfracelli contro Berna qualora osasse appoggiare quanto i ticinesi si sono riproposti di ottenere con il loro referendum anti lavoratori stranieri (leggi italiani, ovviamente).
Le caselle di posta delle nostre tre redazioni (Comolive, Resegoneonline e Valtellinanews) sono state inondate da comunicati di esponenti politici di tutti i colori nei quali si vuole soprattutto comunicare lo sdegno per l'orientamento "razzista" dei ticinesi.


L'esperienza insegna che tra qualche giorno tutto sarà dimenticato e che, se ci dovessero essere torti, a patirne le conseguenze saranno i frontalieri, non certo i tanti tromboni della politica che oggi alzano la voce in loro soccorso.


Alpi Media Group (il network delle nostre tre testate), tra i propri obiettivi ha anche quello di valorizzare la cultura della montagna, vale a dire l'opera faticosa con la quale si guadagnano da vivere tante persone da una parte e dall'altra delle Alpi. Il progetto al quale stiamo lavorando è dare voce e rappresentare, attraverso l'informazione, la laboriosità delle genti che vivificano la Macroregione alpina. Stiamo parlando di 72 milioni di europei tra francesi, italiani, svizzeri, austriaci, tedeschi, sloveni e persino cittadini del Principato del Liechtenstein. La nostra opinione è che la collaborazione tra uomini di confine, sia esso di montagna o di pianura, porti solo vantaggi. La condivisione degli stessi problemi aiuta a risolverli. È un dato di fatto, però, che se invece di fare la voce grossa con le autorità di Berna, il nostro Governo, sostenuto da una classe di imprenditori degni di tale nome, fosse capace di assicurare il lavoro dentro i confini nazionali, i frontalieri non sarebbero esistiti e comunque non avrebbero mai raggiunto il numero di sessantacinquemila. Roberto Maroni, presidente di Regione Lombardia, sostiene che la legge regionale sulle aree di confine approvata due anni fa, se fosse appoggiata dal Governo di Roma attirerebbe aziende e, attraverso queste, numerosi posti di lavoro. I frontalieri esistono perché l'Italia non è in grado di offrire loro un posto di lavoro.

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