Il presidente dell'Associazione Frontalieri Ticino rassicura i frontalieri: "Per ora non cambia nulla; è stata solo una consultazione, tocca a Berna legiferare"
I cittadini del Canton Ticino hanno votato "sì" all'iniziativa referendaria "Prima i Nostri" (promossa dalla destra nazionalista Udc con il sostegno della Lega dei Ticinesi), chiedendo di privilegiare sul mercato del lavoro, a pari qualifiche professionali, chi vive sul territorio. La richiesta è, dunque, quella di porre un limite ai lavoratori frontalieri.
Ecco le parole di Eros Sebastiani, presidente dell'Associazione Frontalieri Ticino con sede a Varese, dalla cui provincia arrivano circa 25.000 dei lavoratori che vanno a lavorare nel cantone svizzero. Altri 22.000 arrivano dal comasco e il resto tra il lecchese, Valtellina, il Verbano-Cusio-Ossola in Piemonte, e in minore percentuale da altre zone del centro Italia.
"Mi stanno telefonando tanti frontalieri, vogliono sapere cosa accadrà da domani, se verranno fermati alla frontiera o avranno altri problemi. Ma io spiego loro che non cambia nulla: è stata solo una consultazione, tocca a Berna legiferare".
Sebastiani conosce bene la realtà di cui parla. E' sposato con una svizzera ("Oggi mia moglie è andata a votare") e anche lui ha lavorato diversi anni nel Canton Ticino.
Il voto ha colto di sorpresa? "Direi proprio di no, ce l'aspettavamo - risponde Sebastiani all'ANSA - anzi credo sia andata bene che la percentuale non sia stata maggiore. Ma è chiaramente il sintomo di un malessere, di una tensione oltreconfine che non è da sottovalutare".